Eraldo Affinati, Marco Gatto, I meccanismi dell'odio

In che modo la dimensione digitale amplifica il razzismo? Perché le disuguaglianze sociali, ancora più evidenti dopo la pandemia, hanno riacceso i fuochi dell’America? Quali possono essere le nostre responsabilità di fronte allo scatenarsi della violenza contro gli immigrati? Sono solo alcune delle domande che si pongono Eraldo Affinati e Marco Gatto in questo animato dialogo sulla crisi socioculturale che ha travolto l’Occidente negli ultimi vent’anni. I due interlocutori, che pur appartenendo a generazioni diverse sono legati da una profonda sintonia pedagogica e dall’esperienza didattica della Penny Wirton, mostrano come una riflessione sul razzismo iniziata già prima del Covid-19 risulti cruciale per analizzare il crescente consenso internazionale ottenuto dalle cor- renti sovraniste, che si nutrono delle disparità causate dal trionfo del consumismo, della cultura narcisistica e della rivoluzione tecnologica. Non a caso, quando una società è dominata dalla paura e dall’incertezza, le false identificazioni del «diverso» hanno una presa efficace e alimentano il nostro razzismo quotidiano, ben più diffuso e sordido degli episodi clamorosi che finiscono sui giornali. Si tratta di una sconfitta culturale bruciante, soprattutto per chi ha il ruolo di educare le giovani generazioni, che sui banchi riproducono i modelli ingenuamente introiettati nello spazio privato o sui social network. Ecco dunque che l’analisi sulla strumentalizzazione politica del fenomeno migratorio, che la solitudine degli intellettuali contemporanei non riesce a scalfi- re, si trasforma in un’accorata riflessione sulle ultime possibilità di resistenza civile, oggi praticabili specialmente a scuola, là dove tutti i nodi s’intrecciano ma possono essere ancora sciolti. Proprio la scuola, infatti, può offrire uno spazio di speranza, in cui allenare la consapevolezza di far parte di una comunità. È così che "I meccanismi dell’odio", un viaggio intellettuale che attinge vigore da molti grandi pensatori – da don Lorenzo Milani a Philip Roth, da Toni Morrison a Pierre Bourdieu –, trasmette la determinazione a perseverare anche di fronte alle crisi più gravi, con quella fiducia che soltanto chi crede nella natura pedagogica dell’insegnamento è capace di comunicare.

 
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